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Contratti pubblici ed etichettatura: il cibo biologico e locale

Pubblicato: Mercoledì 4 ottobre 2017

In tutti gli Stati si registra la tendenza a favorire l'uso, da parte delle Amministrazioni, di prodotti alimentari biologici e sostenibili, spesso identificati come prodotti alimentari a Km0. Gli Stati membri hanno assunto diversi atteggiamenti: in Italia, la Corte costituzionale ha ritenuto l'illegittimità, per violazione del principio della concorrenza, di una legge regionale che prevedeva, quale criterio di aggiudicazione di appalti pubblici, l'uso di cibo locale; in Francia, il Ministro dell'Agricoltura ha predisposto delle linee guida rubricate "Favoriser l'approvisionnement local et de qualité en restauration collective"; nel Regno Unito, il Governo ha annunciato che, a partire dal 2017, tutte le Amministrazioni centrali si serviranno di cibi locali. A livello europeo, se il Comitato delle Regioni, sin dal 2011, ha insistito per l'adozione di misure legislative volte a favorire l'uso di prodotti locali negli appalti pubblici, le nuove direttive del 2014 sui contratti pubblici non hanno preso espressamente posizione su tale aspetto. Va però rilevato che la direttiva 2014/24/Ue (sugli appalti pubblici) ha attribuito, all'art. 43, la possibilità, per le stazioni appaltanti, di richiedere agli offerenti, a titolo di specifiche tecniche o quale criterio di aggiudicazione o condizione di esecuzione, un'etichettatura che attesti le caratteristiche ambientali o sociali del prodotto. Tuttavia, l'uso dell'etichettatura non può avere l'effetto di restringere la concorrenza (che resta, pur sempre, uno dei fini della legislazione europea sui contratti pubblici) e ostacolare l'innovazione (che è uno dei nuovi interessi tutelati dalle direttive del 2014).

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Ultimo aggiornamento: 04/10/2017 18:08
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